L’hospitality report di Thrends fotografa un settore in crisi con perdite per il 2020 tra 59 e 65 miliardi di euro di ricavi

Il 2020 rischia di costare molto caro al settore alberghiero italiano, che potrebbe “bruciare” dal 50 al 65% dei ricavi, dopo un quinquennio 2015-2019 che aveva prodotto una crescita dei volumi di fatturato ad un tasso medio annuo per camera del 4,1%.
L’allarme arriva dall’Hospitality Report 2020 elaborato dalla società Thrends e da Nmtc, che verrà illustrato il 13 ottobre a Rimini nel corso di Ithic, la conferenza rivolta agli investimenti nel settore hospitality.

Un’indagine che si spinge anche a quantificare una perdita in termini economici per il settore turistico, basata sui dati di arrivi e presenze. Dopo un semestre che ha prodotto perdite “certificate” per circa 37 milioni di euro, «a chiusura del 2020 potremmo assistere ad uno scenario ottimistico che porterebbe a -59 miliardi di euro ed uno più probabile che stima perdite per 65 miliardi di euro» spiega l’analisi.

L’andamento delle prenotazioni

La seconda trimestrale dell’Istat ha ormai documentato senza ombra di dubbi il crollo di arrivi e presenze tra aprile e giugno in un range che va dal -80 al -90%. «A cavallo tra giugno e luglio, le prime aperture dei resort balneari e di montagna avevano dato al settore una scossa di ottimismo – sottolinea Giorgio Ribaudo, managing director della società di consulenza Thrends -. Tuttavia, l’entusiasmo si è presto scontrato con i rischi connessi alla data di apertura delle scuole ed il senso di incertezza totale ha portato ad annullare le prenotazioni di settembre, riducendo l’estate ad un monte giornate complessivo di soli 50-55 giorni contro i classici 120, con conseguenti impatti devastanti sulla performance economica».

Il crollo del turismo internazionale ha protratto la chiusura di molti hotel nelle capitali del turismo italiano. «Al 9 luglio nelle Big Four (Roma, Milano, Firenze, Venezia) era chiuso il 44% degli hotel a 5 stelle, dato che sale al 58% a Milano» spiega Ribaudo.

La prospettiva di un prolungarsi dell’emergenza pandemica e le restrizioni dell’incoming non consentono di formulare stime favorevoli per una immediata ripresa dei volumi storici.

«I prossimi mesi, novembre e dicembre, indicano che i giochi per l’anno 2020 sono oramai conclusi» sostiene l’analisi. Il picco dei fatturati, che potrebbe facilmente toccare il -65% di quota, è ancor più preoccupante per il fatto che la mancanza di domanda per una struttura ricettiva ha un effetto dirompente sugli introiti dell’economia locale e su una serie di attività collegate, come compagnie di trasporto, sul mondo degli intermediari turistici, sulle attrazioni e sulla ristorazione.

«A questo – dichiara Ribaudo – si aggiunge il mancato introito nelle casse comunali derivante dalle tasse di soggiorno, che un precedente studio sull’impatto del distanziamento sociale nel turismo aveva stimato pari ad almeno 380 milioni di euro».

Il trend dei segmenti nel quinquennio

Al netto della situazione attuale, nel quinquennio 2015-2019, secondo una ricerca di Thrends, il fatturato annuo medio per camera era cresciuto positivamente, passando da 57.700 euro circa nel 2015 a 66.770 euro nel 2019, grazie ad un incremento del ricavo giornaliero totale per camera disponibile, passato da 180 euro del 2015 a 211 nel 2019.

A fronte di un andamento stagnante per il segmento economy, l’analisi vede una crescita del 4% nel midscale, del 6,3% nel 4 stelle upscale e 5 stelle e un +8,2% per la fascia upper upscale e lusso. La corsa delle catene alberghiere Nello stesso quinquennio, le catene alberghiere in Italia sono cresciute sia in numero che in termini di presenza. «Tre le spinte principali a questo fenomeno – commenta Ribaudo – l’alta redditività operativa, particolarmente attrattiva per chi ha affrontato lo sviluppo tramite affitto e quindi con poche immobilizzazioni; la maggiore professionalizzazione del settore, che ha elevato gli standard di qualità, e infine la ricerca di economie di scala. In questo scenario il 2020 rappresenta un anno di discontinuità e causerà, probabilmente, una accelerazione dei fenomeni sopra citati».

Nel corso del 2020 le catene alberghiere hanno continuato a crescere, soprattutto sulla scia di operazioni di acquisizione che erano state già programmate nel corso del 2019. L’ultimo censimento realizzato da Thrends, terminato il mese scorso, vede in Italia circa 1.730 hotel di catena per 186.000 camere circa. Rispetto al 2019 è una crescita di oltre 100 hotel e quasi 10.000 camere, la più alta mai registrata.Tra i top 10 gruppi alberghieri domestici che sono cresciuti in termini di strutture, nel periodo 2015-2020,si segnala il caso di Fabilia Hotels & Resorts, giovane catena nata nel 2013 come Family Hotels Italia e l’unica attualmente quotata in Borsa, al listino Aim Milano, che ha annesso quasi 500 camere nel quinquennio.

(FONTE ilsole24ore.com di Laura Dominici)

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