Tft.net https://www.tft.net Tue, 23 Apr 2024 11:26:08 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.2.2 Successione ereditaria: differenze tra quota di riserva e quota disponibile https://www.tft.net/2024/04/20/successione-ereditaria-differenze-tra-quota-di-riserva-e-quota-disponibile/ https://www.tft.net/2024/04/20/successione-ereditaria-differenze-tra-quota-di-riserva-e-quota-disponibile/#comments Sat, 20 Apr 2024 10:46:33 +0000 https://www.tft.net/?p=1626 Quota di riserva (o di legittima) e quota disponibile. I due concetti chiave che possono entrate in gioco quando di mezzo c’è la successione. Con l’asse ereditario si identifica il patrimonio (mobiliare e immobiliare) che finisce in successione agli eredi quando viene a mancare una persona cara. Eredi che, oltre a dove affrontare il doloro […]

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Quota di riserva (o di legittima) e quota disponibile. I due concetti chiave che possono entrate in gioco quando di mezzo c’è la successione.

Con l’asse ereditario si identifica il patrimonio (mobiliare e immobiliare) che finisce in successione agli eredi quando viene a mancare una persona cara.

Eredi che, oltre a dove affrontare il doloro per la perdita, sono chiamati a fare un adempimento fiscale all’Agenzia Entrate. Parliamo della dichiarazione di successione. Una dichiarazione che, tuttavia, non sempre è obbligatoria. In particolare, l’adempimento NON è da farsi se l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e:

  • l’attivo ereditario ha un valore non superiore a 100.000 euro
  • e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari.

Laddove obbligatoria, la dichiarazione deve farsi, telematicamente, entro 12 mesi dalla data del decesso.
È sufficiente che l’adempimento sia fatto da uno degli eredi per liberare anche gli altri. Sono dovute imposte (ipotecaria, catastale, di bollo, ecc.).

Se c’è testamento

Con il recente decreto di riforma imposta di successione e testamentaria, tornano di attualità alcuni concetti con cui bisogna avere a che fare quando di mezzo c’è l’eredità da spartirsi. Definizioni che, comunque, entrano in gioco quando di mezzo c’è la Dichiarazione di successione all’Agenzia Entrate.
Tra tali concetti rientrano quelli di successione legittima e successione testamentaria. La differenza tra le due terminologie non è così difficile da intuire. Quella legittima è la successione che si apre per legge, ossia quando comunque manca un eventuale testamento in vita fatto dal deceduto. Qui, in gioco entrano i c.d. eredi legittimi, ossia coloro che per diritto sono considerati eredi. Parliamo, ad esempio del coniuge, figli, ecc.

La successione testamentaria, invece, entra in campo quando il deceduto, nei momenti di vita, ha fatto testamento indicando le proprie volontà sulla spartizione dell’asse ereditario dopo la sua morte. Nella successione testamentaria c’è da garantire il rispetto della c.d. quota di riserva. Una quota che ha come antagonista la quota disponibile.

Successione ereditaria: quota di riserva e quota disponibile

Nella successione testamentaria, per quota di riserva (detta anche quota di legittima) si intende la parte dell’asse ereditario che per legge spetta agli eredi legittimi. In altre parole, se ad esempio, il deceduto ha moglie e figli, la legge dice che dell’asse ereditario esiste una quota minima che deve finire a detti eredi legittimi.

La quota disponibile, invece, è quella di cui il deceduto, nel suo testamento fatto in vita, poteva destinare a chiunque.

Se nella successione testamentaria, non risulta rispettata la quota di legittima, quel testamento può essere impugnato dagli eredi legittimi.

Riassumendo

  • la successione ereditaria deve presentarsi, se obbligatoria, entro 12 mesi dalla data del decesso
  • la presentazione è telematica all’Agenzia Entrate
  • per successione legittima si intenda quella che si apre per legge
  • la successione testamentaria entra in gioco quando il deceduto aveva fatto testamento quando era in vita
  • quota di legittima (o quota di riserva) è la parte dell’asse ereditario che per legge deve destinarsi agli eredi legittimi
  • quota disponibile è la parte dell’asse ereditario che nel testamento può risultare devoluta a chiunque.

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Rent to buy, cosa succede in caso di fallimento del venditore https://www.tft.net/2024/04/20/rent-to-buy-cosa-succede-in-caso-di-fallimento-del-venditore/ https://www.tft.net/2024/04/20/rent-to-buy-cosa-succede-in-caso-di-fallimento-del-venditore/#comments Sat, 20 Apr 2024 10:45:47 +0000 https://www.tft.net/?p=1624 Contratto di rent to buy: come può tutelarsi il futuro acquirente se il venditore fallisce e quando è ammessa l’azione di revocatoria fallimentare. Il rent to buy è una tipologia di contratto, introdotta nel nostro ordinamento con il Decreto Sblocca Italia (DL 133/2014 così come modificato dalla legge di conversione 164/14) che consente a chi […]

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Contratto di rent to buy: come può tutelarsi il futuro acquirente se il venditore fallisce e quando è ammessa l’azione di revocatoria fallimentare.

Il rent to buy è una tipologia di contratto, introdotta nel nostro ordinamento con il Decreto Sblocca Italia (DL 133/2014 così come modificato dalla legge di conversione 164/14) che consente a chi vuole acquistare un immobile di ottenerne da subito il pieno godimento, riservandosi, in un momento successivo, la decisione di acquistare o meno la proprietà.

Qualora il futuro venditore dovesse fallire il nostro ordinamento prevede delle fondamentali tutele a favore del possibile acquirente, una di queste la trascrizione dell’atto presso i registri immobiliari.

Vediamo più nel dettaglio quali sono.

Come funziona il rent to buy

In caso di rent to buy il proprietario concedente consegna il bene al conduttore e futuro acquirente il quale, in cambio del suo utilizzo, versa un canone. Di fatto si prende l’immobile in affitto ed entro un certo lasso di tempo (stabilito con apposita clausola), nel caso in cui il conduttore manifesti la volontà di acquistarlo, si produrranno i veri e propri effetti traslativi della proprietà.

In sostanza, in forza di quanto statuito dall’articolo 23 del Decreto Sblocca Italia la formula contrattuale del rent to buy è caratterizzata da due fasi: una prima fase, consistente nella concessione dell’immobile in godimento e una seconda, nella quale il conduttore potrà esercitare il proprio diritto di acquisto.

Non vi è l’obbligo di stipulare una successiva compravendita per alcuna delle parti né un automatico passaggio di proprietà allo scadere del termine contrattualizzato ma solo un diritto di acquisto in capo al conduttore.

Il canone da pagare

Il canone che il conduttore è tenuto a versare in cambio dell’immediato possesso del bene consta di due diverse componenti. La prima componente ha la funzione di controprestazione per l’utilizzo dell’immobile, in pratica un compenso per il godimento. La seconda vale come anticipo sul prezzo qualora il conduttore decida di esercitare il suo diritto di acquisto.
Solitamente il canone applicato al contratto di rent to buy è più elevato rispetto ai normali contratti di locazione e in caso di rifiuto del conduttore ad acquistare verrà trattenuto dal proprietario. Esso ha infatti la funzione di indennizzo per la mancata vendita.
Sono le parti stesse ad accordarsi in ordine alle modalità di corresponsione delle rate e al loro ammontare.

I rischi del rent to buy

Anche se il rent to buy presenta molteplici punti di forza per entrambe le parti, non ci sono solo vantaggi in questa tipologia di contratto. Il proprietario corre il rischio che il conduttore non voglia comprare la casa. Altro rischio concerne le difficoltà di ottenere la restituzione dell’immobile libero da persone e cose in caso di inadempimento del conduttore, non trovando applicazione nella fattispecie le norme sullo sfratto per finita locazione.
Per quanto concerne il conduttore, dobbiamo precisare che anche quest’ultimo si espone a dei rischi. Primo fra tutti il fallimento del venditore.

La prima forma di tutela della quale egli si potrà avvalere concerne la trascrizione del contratto nei registri immobiliari.

La trascrizione presso i registri immobiliari

La trascrizione di un contratto presso i pubblici registri è un mezzo di pubblicità dell’atto finalizzato a rendere l’atto conoscibile e opponibile nei confronti dei terzi.
Trascrivere un contratto di runt to buy ha una duplice funzione:

  • consente innanzitutto di opporre a terzi il godimento del bene immobile;
  • produce, nei confronti del conduttore, un effetto prenotativo, al pari di quanto accade con la trascrizione del contratto preliminare.

Ne consegue che il conduttore, se e quando acquisterà il bene, potrà prevalere su terzi in caso di eventi pregiudizievoli come iscrizioni di ipoteche o pignoramenti. Il conduttore sarà pienamente tutelato poiché conseguirà il bene nello stato di diritto in cui si trovava nel momento della sottoscrizione del rent to buy una volta trascritto. Eventuali trascrizioni o iscrizioni a lui pregiudizievoli successive non produrrebbero alcun effetto dannoso.

Il fallimento del venditore

Cosa succede nel caso in cui il venditore dovesse fallire dopo la stipula del rent to buy? Quali sono le conseguenze per il contratto concluso dal venditore sottoposto alla procedura di fallimento? In via preliminare è necessario spendere due parole per inquadrare l’istituto del fallimento come disciplinato dalla legge.

Siamo di fronte ad una procedura concorsuale liquidativa che viene attivata quando un imprenditore o una società si trovano in stato di insolvenza. Essa ha l’obiettivo di garantire ai creditori del fallito la soddisfazione, anche solo parziale, dei propri crediti, in base al principio della par conditio e in base all’esistenza delle cause di prelazione.

Una volta che il soggetto viene dichiarato fallito si producono degli effetti nei confronti dei rapporti contrattuali sorti in precedenza. Ecco che per gestire tali situazioni interviene la figura del curatore. Egli, in base all’articolo 72 della Legge fallimentare, può decidere se subentrare in detti contratti oppure decretarne lo scioglimento.

A tale disposizione pone una deroga l’articolo 23 del Decreto Sblocca Italia in materia di rent to buy che prevede un trattamento differente a tutela del conduttore futuro acquirente.

La norma in questione specifica che se il proprietario è soggetto alla procedura di fallimento il contratto di rent to buy può proseguire secondo le regole in esso previste. Il conduttore dovrà continuare a versare il canone nelle mani del curatore. Quest’ultimo, una volta giunti a scadenza, provvederà a trasferire la proprietà al conduttore qualora egli eserciti il diritto di acquisto.
A prescindere dalla tipologia di bene e della funzione cui esso è destinato, il curatore non ha alcun diritto di sciogliere il contratto.

In estrema sintesi, il fallimento del soggetto concedente non comporta di per sé la cessazione del rent to buy, non operando nella fattispecie, la disciplina propria del fallimento ordinario. Il curatore in sostanza non ha alcun titolo per opporsi.

Quando è ammessa l’azione revocatoria fallimentare

Ultimo punto sul quale soffermarsi concerne l’eventuale revocatoria fallimentare e gli effetti sul rent to buy.
Abbiamo visto che il curatore non può sciogliere il contratto ma deve proseguire il rapporto contrattuale assolvendo agli obblighi da esso nascenti, come quello di trasferire la proprietà ove ciò venga richiesto dalla controparte.

Unica strada per poter recuperare la disponibilità materiale e giuridica dell’immobile e rendere inefficace il contratto è quella di agire in revocatoria, qualora sussistano i presupposti, ovvero nel caso in cui:

  • il contratto da revocare sia stato sottoscritto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento;
  • la prestazione del concedente superi di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso, a meno che il conduttore non fornisca la prova che egli non era a conoscenza dello stato di insolvenza del concedente.

Ma attenzione. Ammesso che vi siano i presupposti per esercitare l’azione di revocatoria bisogna considerare che in taluni casi i contratti di rent to buy possono sfuggire a tale azione. Questo accade, a tutela del conduttore se:

  • la vendita è stata pattuita per un giusto prezzo;
  • l’immobile da vendere deve essere destinato ad abitazione principale del conduttore o di uno o più familiari (parenti e affini entro il terzo grado);
  • l’atto è stato debitamente trascritto, purché non ne siano cessati gli effetti.

QuiFinanza

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Quale deve essere la superficie minima di una casa per avere l’abitabilità https://www.tft.net/2024/04/19/quale-deve-essere-la-superficie-minima-di-una-casa-per-avere-labitabilita/ https://www.tft.net/2024/04/19/quale-deve-essere-la-superficie-minima-di-una-casa-per-avere-labitabilita/#comments Fri, 19 Apr 2024 10:32:33 +0000 https://www.tft.net/?p=1620 Metri quadri minimi per abitabilità, quali sono i requisiti da rispettare? Affinché una casa sia abitabile è necessaria la presenza di metri quadri minimi. È pertanto opportuno conoscere cosa dice la normativa nazionale e regionale in propositi nel caso si voglia acquistare o affittare un’abitazione. Abitabilità di un immobile L’abitabilità di un immobile è la […]

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Metri quadri minimi per abitabilità, quali sono i requisiti da rispettare? Affinché una casa sia abitabile è necessaria la presenza di metri quadri minimi. È pertanto opportuno conoscere cosa dice la normativa nazionale e regionale in propositi nel caso si voglia acquistare o affittare un’abitazione.

Abitabilità di un immobile

L’abitabilità di un immobile è la conformità legale dell’edificio all’uso abitativo che se ne deve fare. Si garantisce il rispetto alle norme nazionali e locali in termini di sicurezza, igiene e altri parametri, tra i quali i metri quadri minimi affinché ogni occupante possa disporre di una superficie tale da condurre una vita confortevole.

Qualora si decida di comperare casa o anche se si intenda prenderla in affitto è bene soffermarsi sulle caratteristiche della superficie che si avrà a disposizione. La metratura è dunque un elemento essenziale nella valutazione dell’affare.

Secondo il Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975 la metratura minima che deve essere garantita dalle abitazioni deve essere correlata al numero degli abitanti e alla destinazione d’uso del locale. Esso contiene norme relative al rapporto tra superficie dellimmobile e il numero dei suoi abitanti.

Quali sono i requisiti di abitabilità

Per comprendere quali siano i requisiti minimi da rispettare occorre prendere in considerazione due elementi: la superficie abitabile e le camere da letto.

Per quanto concerne la superficie abitabile dobbiamo tener conto che per i primi 4 abitanti devono esserci a disposizione per occupante 14 metri quadri. Per i successivi occupanti si devono calcolare 10 metri quadri per persona.

In merito alle camere da letto c’è da dire che 1 persona deve poter usufruire di 9 metri quadri e 2 persone nel complesso devono avere a disposizione 14 metri quadri.

Tutti questi ambienti, compresa la cucina, devono essere dotati di finestra

Quali sono i requisiti di abitabilità del monolocale

In caso di un monolocale l’accertamento della superficie catastale dell’appartamento è ancora più importante date le ridotte dimensioni.

Nella fattispecie si devono considerare, per essere a norma, 28 metri quadri per una persona e 38 metri quadri in caso di due persone. Si fa sempre riferimento alla superficie netta, ovvero a quella calpestabile.

Anche se un monolocale con superficie inferiore a 28 metri quadrati non sarebbe ammissibile esistono delle eccezioni. Si tratta di:

  • monolocali accatastati in categoria C/2 (magazzini);
  • monolocali situati all’interno di edifici storici.

Altri requisiti sono contemplati dall’articolo 3 del citato Decreto ministeriale del 5 luglio 1975 che fissa dei criteri di altezza validi su tutto il territorio italiano ad eccezione, come meglio vedremo, dei Comuni situati al di sopra dei 1000 metri.

I requisiti sono: 2,40 metri in riferimento a corridoi, bagni e ripostigli e 2,70 per gli altri ambienti della casa. L’altezza diventa 2,55 metri in caso di Comuni a più di 1000 metri di altitudine. Vediamo che delle variazioni alle dimensioni standard possono essere contenute in regolamenti edilizi locali con i quali possono essere ammesse altezze inferiori.

In generale, dopo il 2015 se sono stati effettuati interventi di riqualificazione e sono stati installati pannelli o soffitti radianti, l’altezza da garantire può scendere a 2,60 metri.

Altri requisiti per rendere un immobile abitabile

Non solo requisiti di metratura e di altezza è necessario rispettare. Il Decreto Ministeriale 5 luglio 1975 richiede anche altre condizioni: ricambio d’aria adeguato e illuminazione naturale diretta.

Dopo questo breve excursus possiamo concludere che un appartamento per 4 persone per essere a norma, confortevole e rispondere ad esigenze di funzionalità deve avere, oltreché una adeguata disposizione degli spazi, una superficie di almeno 56 metri quadrati con un soggiorno di 14 metri quadri.

WikiCasa

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Chi è il proprietario di un immobile donato? https://www.tft.net/2024/04/16/chi-e-il-proprietario-di-un-immobile-donato/ https://www.tft.net/2024/04/16/chi-e-il-proprietario-di-un-immobile-donato/#comments Tue, 16 Apr 2024 10:21:01 +0000 https://www.tft.net/?p=1616 In che momento si trasferisce la proprietà della casa oggetto di donazione? Non è raro chiedersi: quando una persona, ad esempio un genitore, intesta un immobile al figlio, a chi appartiene realmente la proprietà? E cosa succede se il genitore continua a risiedere nella casa donata? Approfondiremo tali questioni nel seguente articolo per chiarire chi […]

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In che momento si trasferisce la proprietà della casa oggetto di donazione?

Non è raro chiedersi: quando una persona, ad esempio un genitore, intesta un immobile al figlio, a chi appartiene realmente la proprietà? E cosa succede se il genitore continua a risiedere nella casa donata? Approfondiremo tali questioni nel seguente articolo per chiarire chi è il proprietario di un immobile donato. Analizzeremo pertanto la natura della donazione, gli effetti che essa produce e il momento in cui la proprietà della casa viene effettivamente trasferita.

Cos’è la donazione?

La donazione di un immobile rappresenta un evento frequente, soprattutto all’interno della sfera familiare. Più spesso, però, nel gergo comune, si usa una terminologia diversa: non si dice “donare” una casa, ma “regalarla” o “intestarla”. I termini però esprimono lo stesso concetto: il trasferimento della proprietà.

Ecco che, in questo scenario, sorge spontanea una domanda: chi diviene il proprietario dell’immobile donato? La risposta, in realtà, è piuttosto semplice e risiede nella natura stessa dell’atto di donazione. Si tratta cioè di un contratto “a titolo gratuito” mediante il quale una persona (donante) trasferisce, senza alcuna controprestazione in cambio, la proprietà di un bene (in questo caso, un immobile) ad un’altra (donatario). Dunque, nel momento stesso in cui si firma l’atto di donazione, la titolarità del bene passa automaticamente dal donante al donatario.

Proprio per questo la donazione viene tecnicamente definita un “contratto ad effetti reali”: questo concetto sta a significare che, per il semplice fatto che vi sia stata la manifestazione della volontà sia del donante (di voler regalare) che del donatario (di accettare il dono), la proprietà del bene si trasferisce dal primo al secondo in quello stesso momento.

Una volta effettuata la donazione, non sono necessari ulteriori adempimenti: la proprietà diventa del donatario in quello stesso istante. Tuttavia è necessario considerare che:

  • a pena di nullità, la donazione deve avvenire dinanzi a un notaio alla presenza di due testimoni (di solito messi a disposizione dallo stesso studio notarile);
  • l’atto di donazione deve poi essere registrato all’ufficio di registro e trascritto nei Pubblici Registri Immobiliari per renderla opponibile (e quindi efficace) anche nei confronti dei terzi;
  • il donatario dovrà versare le imposte all’Erario (seppure nelle mani del notaio). Queste sono rappresentate dall’imposta di registro (al 2% se è prima casa oppure al 9% negli altri casi), dall’imposta ipotecaria e catastale (50 euro l’una se è prima casa oppure rispettivamente al 2% e all’1% negli altri casi). Inoltre, sia il donante che il donatario sono corresponsabili in solido per gli onorari del notaio.

Vale l’impegno a donare?

La donazione è un atto istantaneo che non ammette imposizioni, neanche se autoimposte dallo stesso donante. Quindi non ha valore l’atto scritto – sebbene autenticato dal notaio – con cui una persona si impegna a donare in futuro una propria casa ad un’altra. Lo stesso vale nel caso di assunzione dell’obbligo di fare testamento in favore di un soggetto specifico.

E se il donante continua a vivere nell’immobile?

Un aspetto delicato riguarda la situazione in cui il donante continua a vivere nell’immobile donato. In questo caso, è probabile che la donazione abbia avuto ad oggetto non già l’intera proprietà bensì la cosiddetta nuda proprietà con riserva di usufrutto in capo al donante. La situazione che si viene a verificare in tali casi è quella in cui l’immobile, pur divenendo di proprietà esclusiva del donatario, può essere utilizzato (vissuto, dato in affitto o in comodato) dal donante per tutta la durata dell’usufrutto indicata nell’atto di donazione (durata che non può superare la vita del donante stesso). Tale riserva però deve risultare in modo esplicito nel rogito notarile.

Cosa succede dopo la donazione?

Con il trasferimento della proprietà dell’immobile donato, il donatario è soggetto a tutti gli obblighi di legge derivanti dalla titolarità del bene come:

  • indicazione delle proprie generalità all’amministratore di condominio per l’aggiornamento dell’Anagrafe condominiale;
  • versamento delle imposte (Imu, salvo si tratti di abitazione principale; Tari);
  • pagamento delle spese condominiali;
  • responsabilità per danni a terzi e quindi obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria.

La legge per tutti

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Come fare la disdetta del contratto d’affitto per motivi gravi https://www.tft.net/2024/04/16/come-fare-la-disdetta-del-contratto-daffitto-per-motivi-gravi/ https://www.tft.net/2024/04/16/come-fare-la-disdetta-del-contratto-daffitto-per-motivi-gravi/#comments Tue, 16 Apr 2024 10:12:49 +0000 https://www.tft.net/?p=1613 Affittare una casa è un po’ come sposarsi. Un matrimonio “a tempo”, come vedremo, ma sempre un matrimonio, con i suoi diritti ed anche i suoi (molti) doveri. E una delle clausole più importanti del contratto di affitto riguarda la durata stessa del rapporto. La durata del “matrimonio”, appunto. Ma questi doveri possono essere derogati? […]

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Affittare una casa è un po’ come sposarsi. Un matrimonio “a tempo”, come vedremo, ma sempre un matrimonio, con i suoi diritti ed anche i suoi (molti) doveri. E una delle clausole più importanti del contratto di affitto riguarda la durata stessa del rapporto. La durata del “matrimonio”, appunto. Ma questi doveri possono essere derogati? In un matrimonio vero non si dovrebbe, ma in un contratto d’affitto sì, in particolare può essere derogata la durata del contratto di affitto, ma solo per motivi gravi.

Quanto dura un contratto di affitto

Considerando un contratto d’affitto “ordinario”, questo deve durare minimo 4 anni e se le parti, il proprietario e il locatore, firmano un contratto che prevede una durata inferiore, quel contratto è nullo. Ovviamente gli affitti brevi fanno storia a sé. Il punto, però, è che in questi 4 anni può succedere di tutto, ci si può sposare o aspettare un bambino, si può perdere il lavoro, può verificarsi una calamità naturale oppure l’alloggio, a causa di una scarsa o assente manutenzione, può diventare un luogo insalubre nel quale vivere. Insomma: è rischioso impegnarsi per 4 anni, sia da parte del proprietario, sia da parte dell’inquilino. E allora? Allora la legge prevede che in alcuni casi si possa disdire il contratto di affitto per motivi gravi prima della sua fine naturale. Quali sono questi motivi?

Come disdire il contratto prima del rinnovo automatico

Abbiamo detto che un contratto d’affitto dura 4 anni e questo è corretto, ma bisogna ricordare che alla scadenza dei primi 4 anni il contratto viene rinnovato automaticamente per altri 4 anni, ed è per questo che normalmente si definisce quello “standard” un contratto “4+4”. Ma prima di vedere come fare la disdetta del contratto d’affitto per motivi gravi, vediamo se è possibile evitare il rinnovo automatico del contratto per i 4 anni successivi ai primi 4.
Beh, sì: è possibile, sia da parte del proprietario che da parte dell’inquilino. Nel primo caso si tratta del “diniego di rinnovazione”, che in parole povere è la disdetta che il proprietario può inviare all’inquilino almeno 6 mesi prima della fine dei primi 4 anni. Attenzione, però: non lo può fare sempre e comunque: è la legge che stabilisce in quali casi questa disdetta può essere inviata. Per esempio il proprietario può disdire il contratto se in quella casa intende andare a viverci lui, oppure se ha intenzione di vendere l’immobile (in questo caso l’inquilino ha il diritto di prelazione) oppure se vuole ristrutturare l’unità immobiliare in modo talmente radicale da rendere impossibile che all’interno vivano delle persone. Ovviamente tutte queste ipotesi devono trovare attuazione, cioè: se il locatore afferma di volerci andare a vivere lui nell’appartamento affittato, poi deve andarci davvero, altrimenti l’inquilino può chiedere ed ottenere un risarcimento.
Ma, come dicevamo, anche l’inquilino può disdettare il contratto dopo i primi 4 anni e, in questo caso, si chiama “diritto di recesso” e deve essere esercitato attraverso una lettera raccomandata inviata 6 mesi prima della fine dei primi 4 anni.

Come fare la disdetta del contratto d’affitto per motivi gravi

Invece, se l’inquilino vuole lasciare la casa che abita durante il periodo di vigenza del contratto d’affitto può farlo, ma solo in presenza di motivi gravi ed oggettivi. Tra questi c’è, ad esempio, la perdita del lavoro. Se ci si trova, appunto, oggettivamente non più in grado di pagare l’affitto, si può chiedere ed ottenere la chiusura del contratto.
Un secondo motivo grave ed oggettivo ha a che fare con le inadempienze del proprietario che, per esempio, da troppo tempo non effettua le necessarie opere di manutenzione rendendo la vita nell’appartamento insalubre o addirittura pericolosa; oppure non garantisce la fornitura di energia elettrica, acqua e gas; insomma, in tutti quei casi in cui il proprietario non fa il suo dovere, l’inquilino se ne può andare (sempre dando il preavviso) prima della fine del contratto.
Si può disdire il contratto anche nel caso in cui sorgessero gravi conflitti legali tra le due parti. Se, per esempio, una parte denuncia l’altra per un qualsiasi motivo, e se la causa dovesse trascinarsi per troppo tempo, allora sarebbe possibile disdire il contratto prima del tempo stabilito.
L’importante è che questi “motivi gravi” si verifichino successivamente alla firma del contratto d’affitto e siano indipendenti dalla volontà del conduttore oppure che condizioni oggettive rendano eccessivamente gravoso (anche psicologicamente) proseguire il contratto fino alla naturale scadenza.

Che cosa è il recesso libero del contratto d’affitto

Non sempre occorrono motivi gravi per disdire un contratto d’affitto, basta che venga inserita nel contratto d’affitto “4+4” una specifica clausola che preveda quello che tecnicamente è definito “recesso libero”, ma questo vale solo per il conduttore, cioè l’inquilino. Se, insomma, quando si firma il contratto si riesce a fare accettare al proprietario questa clausola, allora l’inquilino, sempre con un preavviso di 6 mesi, può lasciare la casa quando vuole anche, cioè, in assenza di motivi gravi.

QuiFinanza

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Nomisma, Osservatorio Immobiliare: nel 2023, 48mila nuclei familiari scelgono l’affitto invece di acquistare https://www.tft.net/2024/03/21/nomisma-osservatorio-immobiliare-nel-2023-48mila-nuclei-familiari-scelgono-laffitto-invece-di-acquistare/ https://www.tft.net/2024/03/21/nomisma-osservatorio-immobiliare-nel-2023-48mila-nuclei-familiari-scelgono-laffitto-invece-di-acquistare/#comments Thu, 21 Mar 2024 21:35:22 +0000 https://www.tft.net/?p=1610 (Teleborsa) – “In attesa che la prospettiva economica si faccia più nitida, il mercato immobiliare italiano restituisce segnali di ulteriore indebolimento. Il progressivo incremento dei tassi di interesse, unito alla ritrovata selettività del ceto bancario, hanno bruscamente interrotto un meccanismo che pareva destinato ad accrescere in maniera costante anche le aspirazioni più fragili”. È quanto […]

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(Teleborsa) – “In attesa che la prospettiva economica si faccia più nitida, il mercato immobiliare italiano restituisce segnali di ulteriore indebolimento. Il progressivo incremento dei tassi di interesse, unito alla ritrovata selettività del ceto bancario, hanno bruscamente interrotto un meccanismo che pareva destinato ad accrescere in maniera costante anche le aspirazioni più fragili”. È quanto si legge nel primo Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma presentato oggi, che analizza la congiuntura del settore con focus su 13 mercati intermedi (Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno Taranto, Trieste e Verona).

A fare da metronomo della risalita del mercato sarà, secondo Nomisma, la componente creditizia, la cui imprescindibilità risulta ormai acclarata, specie in una fase di debolezza ciclica. L’elevato costo del denaro ha fatto si che la quota di compravendite assistita da mutuo si sia ridotta dal 48,4% del 2022 al 39,9% del totale degli acquisti del 2023. Le difficoltà di accesso al mercato della compravendita hanno favorito un potenziale spostamento di interesse della domanda verso l’affitto, che rispetto allo scorso anno ècresciuta di 3 punti percentuali.

In altre parole, nel 2023, 48mila nuclei familiari hanno rinunciato ad acquistare una casa a favore dell’affitto. In questo contesto la rigidità dei valori immobiliari, che in Italia caratterizza storicamente le fasi di inversione ciclica, finisce inevitabilmente per ampliare le distanze tra aspettative dell’offerta e disponibilità della domanda, contribuendo a rallentare ulteriormente l’attività transattiva. Nel 2023 le compravendite hanno subito un calo prossimo al 10% con quasi 710mila abitazioni totali che sono passate di mano sul mercato.

Secondo Nomisma, il calo delle compravendite registrato nel 2023 è imputabile esclusivamente alla componente di domanda che è uscita dal mercato perchè dipendente dal credito (-26%), mentre gli acquisti senza mutuo continuano a crescere (+4,8%). La variazione positiva che ha interessato i valori delle abitazioni dei mercati intermedi, seppur di modesta entità (+1,2% per l’usato e 1,7% per l’ottimo stato) èuna sintesi di dinamiche locali tutt’altro che omogenee. Ad esempio, se i mercati di Messina e Ancona fanno segnare una flessione nominale dei prezzi (rispettivamente -2,2% e -1%), quelli di Trieste e Novara (rispettivamente +3,2% e +3%) evidenziano una variazione positiva di entità doppia rispetto alla media dei mercati.

Alla luce di tale quadro, per Nomisma non basterà un atteggiamento più accomodante da parte della BCE per determinare un’immediata risalita delle transazioni, ma sarà necessaria una fase di normalizzazione che agevoli il ripristino di condizioni più favorevoli alla domanda.

“L’incertezza sulle prospettive rappresenta un fattore di inevitabile differimento delle scelte, soprattutto di quelle che presuppongono un ingente impegno di capitale, come l’acquisto della casa. Non deve pertanto stupire che nell’ultimo anno la domanda di acquisto si sia ridimensionata rispetto ai livelli del 2022, quando il vento dell’euforia ingrossava le fila degli aspiranti proprietari. Ad essere venuto meno non ètanto l’interesse potenziale, che nel nostro Paese rimane strutturalmente sovrabbondante, quanto la disponibilità del settore bancario a supportare il percorso degli aspiranti mutuatari – commenta Luca Dondi, Amministratore Delegato di Nomisma -. Non sono poche le incognite che punteggiano la traiettoria del mercato immobiliare italiano nel 2024, anche se la principale rimane legata all’orientamento delle istituzioni finanziarie ad ogni livello. Il possibile ritorno a condizioni di maggior favore, in termini di propensione all’erogazione e di onerosità del credito, consentirebbe di scongiurare riflessi sui prezzi della flessione di domanda e transazioni. Se nel primo semestre il quadro non pare ormai destinato a mutare, dal secondo è lecito attendersi un cambio di rotta, con effetti che almeno inizialmente saranno piuttosto timidi”.

Sul fronte della locazione non si arresta la crescita dei canoni (+2,9% annuo). La media sintetizza una certa variabilità tra i mercati monitorati: dal calo di Messina (-1,3%), alla stabilità di Bergamo (+5,1%) fino ad arrivare al picco di Perugia (+5,2%). Lo spostamento di interesse verso la locazione metterà ancora più in evidenza il sovraffollamento di un comparto che già oggi sconta un’evidente carenza di offerta. Nel residenziale la migliore performance del segmento locativo rispetto a quello dell’acquisto ha sostenuto la crescita – anche se lieve – dei rendimenti lordi da locazione che si attestano al 5,6% annuo.

Considerando i tempi medi di vendita nel residenziale si assiste ad una certa stabilizzazione, nell’ordine di 5,2 mesi per le abitazioni in ottimo stato e di 5,6 mesi per quelle in buono stato. Anche in questo caso tra i mercati si assiste a una certa variabilità, con i tempi di vendita che oscillano tra i 3,5 mesi di Trieste e i 6 mesi di Ancona.

Infine, dall’Osservatorio Immobiliare emerge come la domanda abitativa, sia rivolta all’acquisto che alla locazione, sia sempre di più è orientata a privilegiare le dotazioni interne quali il balcone o terrazzo, il doppio bagno, la luminosità degli ambienti e la disponibilità del posto auto o del garage, oltre a servizi di connettività. A seguire, la ricerca privilegia le caratteristiche del contesto, quali la presenza di verde e la vicinanza ai servizi e trasporti pubblici e, infine, la tipologia dell’edificio, che viene valutata in termini di condizione d’uso e performance energetica.

“Gli operatori immobiliari prevedono, per il 2024, una ulteriore diminuzione delle quantità scambiate sul mercato (47,5% dei giudizi) o, tuttalpiù, un’invarianza sui livelli dello scorso anno (44,3%). Solo l’8,2% degli intervistati prevede una ripresa delle compravendite per effetto di una maggiore accessibilità al credito, della disponibilità di nuove abitazioni in vendita e di un’accresciuta propensione all’acquisto, sostenuta anche dall’onerosità dei canoni di locazione”, conclude Elena Molignoni, Head of Real Estate Nomisma.

Teleborsa

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Affitti brevi, approvato il regolamento europeo: cosa cambia https://www.tft.net/2024/03/21/affitti-brevi-approvato-il-regolamento-europeo-cosa-cambia/ https://www.tft.net/2024/03/21/affitti-brevi-approvato-il-regolamento-europeo-cosa-cambia/#comments Thu, 21 Mar 2024 12:40:44 +0000 https://www.tft.net/?p=1608 Il consiglio Ue ha approvato l’introduzione del Codice Unico Europeo che verrà applicato a tutti gli immobili a destinazione turistica. Le novità Arrivano grandi novità a livello europeo sugli affitti brevi. Nei giorni scorsi il Consiglio Ue ha dato il via libera al Codice Unico Europeo per la raccolta e la condivisione dei dati riguardanti […]

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Il consiglio Ue ha approvato l’introduzione del Codice Unico Europeo che verrà applicato a tutti gli immobili a destinazione turistica. Le novità

Arrivano grandi novità a livello europeo sugli affitti brevi. Nei giorni scorsi il Consiglio Ue ha dato il via libera al Codice Unico Europeo per la raccolta e la condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine, che verrà applicato a tutti gli immobili a destinazione turistica.

Il nuovo regolamento per gli affitti brevi prevede un processo di registrazione e di identificazione degli host, delle loro proprietà e tutti i dati relativi alle prenotazioni dei clienti. L’obiettivo è quello di creare un ambiente più trasparente e regolamentato, grazie all’introduzione di una banca dati europea unica che punta a migliorare la tracciabilità dei servizi, a facilitare il controllo delle autorità e a ridurre l’evasione fiscale.

Le regole operative entreranno in vigore 24 mesi dopo la pubblicazione del testo sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione.

Banca dati unica europea

Il nuovo regolamento prevede la costituzione di una banca dati unica europea delle locazioni brevi, che sarà in grado di contenere informazioni sul mercato con l’obiettivo di aumentare la tracciabilità dei servizi, attraverso un processo di registrazione online armonizzato a livello europeo per identificare gli host e le proprietà.
Le informazioni che dovranno essere raccolte includono l’indirizzo, il tipo di unità, il numero di posti letto e l’identità del locatore, sia persona fisica che giuridica.

Numero unico di registrazione

Al termine della procedura di registrazione, al locatore sarà rilasciato un numero di registrazione unico che rappresenta l’identificativo dell’immobile, consentirà di affittarlo e faciliterà i controlli da parte delle autorità. Il numero identificativo dovrà essere indicato negli annunci sui siti web e sulle piattaforme online.
Gli stati membri dell’Ue istituiranno quindi un unico punto di ingresso digitale per ricevere dati dalle piattaforme su base mensile (ad esempio il numero di notti prenotate, il numero di ospiti, l’indirizzo specifico, il numero di registrazione, l’url relativo all’alloggio).

Le piattaforme online

Le piattaforme online avranno alcuni obblighi relativi alla raccolta dati, alle informazioni pubblicate e al controllo su eventuali irregolarità degli host, oltre alla responsabilità legata alla veridicità delle informazioni e dei dati raccolti e pubblicati. Dovranno effettuare controlli casuali delle informazioni. Le autorità competenti potranno sospendere i numeri di registrazione, chiedere alle piattaforme di rimuovere annunci illegali o imporre sanzioni a piattaforme o locatori non conformi.

Incrocio dei dati

Il regolamento dovrà facilitare l’incrocio delle informazioni sugli immobili registrati nella banca dati con i dati trasmessi alle amministrazioni finanziarie grazie alla direttiva Dac7, che consente di tracciare le informazioni relative agli affitti online dai grandi portali di intermediazione e registrare eventuali anomalie.

Quando entrerà in vigore il regolamento

Il via libera del Consiglio è arrivato il 18 marzo 2024 ed è l’ultima tappa dell’iter legislativo del provvedimento. Il testo è atteso per la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione, per poi venire applicato 24 mesi dopo.

Cosa succede in Italia

Mentre l’Europa si è mossa per creare un ambiente più sicuro e regolamentato per gli affitti brevi, nel nostro Paese una novità strettamente legata agli affitti brevi è quella che prevede l’obbligo di richiedere il Cin, il Codice Identificativo Nazionale. L’obbligo è stato introdotto dal decreto Anticipi: chi propone e concede in locazione breve o per finalità turistiche interi appartamenti o anche solo delle stanze è tenuto ad esporre il Codice identificativo nazionale. Il Cin deve essere indicato anche negli eventuali annunci dedicati agli affitti brevi o turistici e viene rilasciato direttamente dal Ministero del Turismo attraverso una procedura automatizzata che, attualmente, non è ancora operativa.
Il Cin diventa obbligatorio a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui viene pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale, l’avviso con il quale si attesta l’entrata in funzione della Banca Dati Nazionale e del portale del Ministero del Turismo con il quale viene attribuito il Codice Identificativo Nazionale.

quifinanza

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Condominio moroso: quanti sono in Italia e chi deve pagare i debiti https://www.tft.net/2024/03/20/condominio-moroso-quanti-sono-in-italia-e-chi-deve-pagare-i-debiti/ https://www.tft.net/2024/03/20/condominio-moroso-quanti-sono-in-italia-e-chi-deve-pagare-i-debiti/#comments Wed, 20 Mar 2024 17:46:11 +0000 https://www.tft.net/?p=1606 Cosa prevede la legge in merito ai condòmini in regola con le spese condominiali chiamati a pagare quando ci sono proprietari di casa morosi Tutti gli amministratori di condominio interpellati dalla società VeryFastPeople (consulenza e assistenza agli amministratori condominiali) hanno detto una tra le loro principali preoccupazioni riguarda gli inquilini morosi. E tutti hanno dichiarato […]

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Cosa prevede la legge in merito ai condòmini in regola con le spese condominiali chiamati a pagare quando ci sono proprietari di casa morosi

Tutti gli amministratori di condominio interpellati dalla società VeryFastPeople (consulenza e assistenza agli amministratori condominiali) hanno detto una tra le loro principali preoccupazioni riguarda gli inquilini morosi. E tutti hanno dichiarato di aver affrontato almeno un caso di morosità, mentre per il 73,3% di loro il numero di persone che non pagano le spese condominiali è aumentato dal 2021 al 2023. Numeri impressionanti anche perché gli italiani che vivono in condomìni sono il 52,6% del totale.
Ma se si ha la disavventura di avere vicini di appartamento che non contribuiscono alle spese, che cosa succede? Chi paga al loro posto?

Condomino moroso: il cambio di rotta della Cassazione

Quando alcuni condomini non pagano le spese, il condomino in regola potrebbe essere chiamato a saldare i suoi debiti. Fino al 2008 il creditore, dopo aver fatto cassa sul bilancio condominiale, poteva rivalersi su uno qualsiasi dei proprietari, il quale poi poteva esercitare un’azione di regresso (pro quota) sui morosi. Poi le cose sono in parte cambiate grazie a una sentenza della Cassazione prima, e della Riforma del condominio poi (Legge n. 220/2012).

Ma partiamo con la sentenza n. 9148 del 2008 delle Sezioni Unite Civile della Suprema Corte. I giudici hanno affermato il principio di “parziarietà”. In parole semplici, il creditore non può chiedere i soldi a uno solo dei condomini, ma a tutti e solamente in proporzione ai millesimi posseduti. Quindi, esiste certo una “responsabilità solidale” dei proprietari che è indivisibile, ma il debito sì. Ad aggiungere poi un’ulteriore garanzia per i condòmini virtuosi è arrivata la Riforma del condominio.

Riforma del condominio: tutele a metà per i condomini virtuosi

A mediare tra il diritto dei fornitori ad ottenere il proprio credito e quello dei condomini in regola di non subire danni economici ci ha pensato la Riforma del condominio (Legge dell’11 dicembre 2012, n. 220), che ha modificato l’art. 63 delle Disposizioni per l’attuazione del Codice civile, il quale stabilisce che l’amministratore condominiale è “tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”. Al secondo comma, invece, afferma che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.

Dunque, dopo il 2012, il fornitore che vanta un credito deve prima ottenere i nominativi dei debitori dall’amministratore e tentare di riscuotere direttamente da loro quanto dovuto. Solo dopo possono rivolgersi ai proprietari “virtuosi”.
Tale iter è stato recentemente confermato sempre dalla Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 5043, pubblicata lo scorso 17 febbraio 2023, che ha ribadito come il creditore debba prima cercare di ottenere il pagamento dai morosi e solo dopo dai proprietari in regola.

quifinanza

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Immobili, la corsa da 25 miliardi delle imprese che vendono e riaffittano https://www.tft.net/2024/03/17/immobili-la-corsa-da-25-miliardi-delle-imprese-che-vendono-e-riaffittano/ https://www.tft.net/2024/03/17/immobili-la-corsa-da-25-miliardi-delle-imprese-che-vendono-e-riaffittano/#comments Sun, 17 Mar 2024 09:00:01 +0000 https://www.tft.net/?p=1602 Da Fedrigoni a Unicoop Tirreno, da Artsana al Gruppo Magris crescono anche in Italia le realtà industriali che valorizzano il patrimonio immobiliare di fabbriche e centri logistici. Fondi a caccia dei flussi di cassa di capannoni, magazzini e uffici «Imprese di medie dimensioni, managerializzate ma di proprietà familiare, innovative, esportatrici e con una produzione manifatturiera radicata […]

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Da Fedrigoni a Unicoop Tirreno, da Artsana al Gruppo Magris crescono anche in Italia le realtà industriali che valorizzano il patrimonio immobiliare di fabbriche e centri logistici. Fondi a caccia dei flussi di cassa di capannoni, magazzini e uffici

«Imprese di medie dimensioni, managerializzate ma di proprietà familiare, innovative, esportatrici e con una produzione manifatturiera radicata sul territorio. Affidabili e dai fondamentali solidi. È sui loro asset immobiliari – capannoni, magazzini, uffici – che puntiamo a investire, in un’ottica di lungo periodo, che a noi assicuri flussi di cassa e conferisca agli imprenditori liquidità per rilanciare strategie di crescita». Lo spiega a Il Sole 24Ore Christopher Mertlitz, head of European Investments, W. P. Carey, che un mese fa ha acquisito il portafoglio degli immobili di Fedrigoni (colosso della carta) in Italia, Germania e Spagna conferendoli a un fondo gestito da Savills Investment Management Sgr Spa nel quale il fondo immobiliare net lease statunitense – specializzato in vendite con patto di locazione e infrastrutture su misura (build-to-suit), quotato a Wall Street e con un volume di investimenti 2023 da 1,3 miliardi di dollari – è l’investitore: un sale & lease back su 16 impianti ceduti per 280 milioni di euro.

Il business

Italia sempre più nel mirino della cosiddetta “vendita con patto di locazione” (appunto sale & lease back), cioè la pratica in base alla quale un imprenditore cede un immobile strumentale e “mission critical” ad un fondo immobiliare specializzato. Dopo la cessione, il fondo concede alla stessa impresa venditrice in affitto il bene a fronte di un canone periodico di lunga durata, normalmente triple o double net, ossia con costi e manutenzioni a carico del tenant. Un fenomeno che in Italia non ha ancora numeri.

I numeri

Come riporta Clarion Partners su dati Bce, le circa 700 cessioni di asset aziendali, avvenute nell’area Emea, nel 2021, hanno superato i 29 miliardi di euro, circa il doppio del volume del 2010. Un dato che negli anni successivi -secondo Jll – si è mantenuto, mediamente, attorno ai 25 miliardi. Il 60% delle transazioni riguarda i segmenti industrial/ logistics ed uffici. Per il resto, si tratta di retail, hotel, strutture sanitarie (Healthcare) e altri asset alternativi. Oltre il 50% delle operazioni dell’area Emea si concentra, invece, tra UK, Francia e Germania. Complessivamente, si stima che il mercato immobiliare europeo di proprietà aziendale valga circa 5,7 trilioni di euro.«È una strategia win-win – spiega ancora Mertlitz – perchè proventi della vendita aumentano la liquidità per l’azienda, che può essere utilizzata per scopi come capitale circolante, capex, ricerca e sviluppo e acquisizioni, mentre il capitale allocato sull’immobile viene liberato e la società può concentrarsi sul proprio core business».

Nel corso del 2023, W. P. Carey (che ha in portafoglio oltre 1400 proprietà) si è concentrata sull’acquisizione di asset industriali e magazzini con un unico inquilino, che hanno rappresentato circa il 75% del volume annuale degli investimenti. Dal punto di vista geografico, circa l’80% degli investimenti della società è stato effettuato in Nord America, mentre il restante 20% in Europa

Il nodo bancario

«Riteniamo che in Europa, e in particolare in Italia – ha concluso Merlitzt – ci siano molte opportunità e stiamo selezionando alcune operazioni per il 2024». «Quella del sale & lease back è una tendenza diffusa da decenni negli Usa ma in crescita negli ultimi due anni in Italia, dove era poco utilizzata perchè sostituita dalle operazioni di leasing effettuate dalle banche – ha spiegato Claudio Nardone, ceo di Sagitta Sgr -. Che però erano finanziamenti. Mentre qui c’è una cessione del bene. Un fenomeno inversamente proporzionale alla disponibilità di prestito delle banche. Quando i tassi si abbasseranno, potremmo vedere un rallentamento». Il fenomeno è accentuato da tre fattori. «Il primo – ha aggiunto Nardone – è la convenienza delle società specializzate Usa a fare arbitraggio patrimoniale. Fanno raccolta di finanziamenti Oltreoceano e poi vengono a investire in Europa dove c’è un maggiore spread di rendimento, quindi margini più alti rispetto a quelli del Paese di origine. Il secondo fattore è il credit crunch delle banche che apre maggiori spazi agli alternative lenders. Infine – conclude Nardone – la crescente managerializzazione delle Pmi migliora la penetrazione di strumenti innovativi di finanziamento».

Le operazioni

In Italia, secondo gli operatori del settore, si possono stimare circa una ventina di operazioni, dal valore tra i 10 a 50 milioni di euro. Dopo il debutto in Italia, a giugno, in cui aveva acquistato 70 milioni di euro di magazzini nel Nord Italia, cinque giorni fa LeadCrest ha annunciato una seconda operazione, sempre con Tecnomat, da 30 milioni per altri due spazi di logistica e stoccaggio. Mentre ad ottobre, Dils aveva agito come broker nell’operazione di sale and lease-back nel settore della logistica immobiliare, acquistando il nuovo hub logistico del Gruppo Magris (che distribuisce prodotti per la pulizia professionale) da un fondo di investimento alternativo e gestito da Kryalos Sgr. Così come a novembre Tikehau ha acquistato da Unicoop Tirreno – sempre con retrolocazione – cinque immobili situati lungo la costa toscana italiana per 37 milioni di euro. Ad agosto, Invesco Real Estate Management sarl aveva completato l’acquisto e il successivo lease back di un complesso immobiliare nella zona meridionale di Como, che ospita le strutture logistiche e i magazzini di Artsana, il gruppo proprietario, tra l’altro, del marchio Chicco e della catena di negozi Prenatal, controllato al 60% da Investindustrial e dal 40% nelle mani della famiglia Catelli. Valore dell’operazione, 100 milioni di euro.

Fonte – ilsole24ore

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Mutui, tassi monstre e rischio aste: ecco come salvare risparmiatori e banche https://www.tft.net/2024/03/17/mutui-tassi-monstre-e-rischio-aste-ecco-come-salvare-risparmiatori-e-banche/ https://www.tft.net/2024/03/17/mutui-tassi-monstre-e-rischio-aste-ecco-come-salvare-risparmiatori-e-banche/#comments Sun, 17 Mar 2024 08:30:03 +0000 https://www.tft.net/?p=1604 L’aumento indiscriminato dei tassi d’interesse sta generando grossi guai per il mercato immobiliare Ue. La proposta per salvare i risparmiatori e le banche Mutui, tassi di interesse alle stelle e rischio aste giudiziarie. La proposta per salvare risparmiatori e far contente le banche L’aumento indiscriminato dei tassi d’interesse da parte della BCE sta generando grossi […]

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L’aumento indiscriminato dei tassi d’interesse sta generando grossi guai per il mercato immobiliare Ue. La proposta per salvare i risparmiatori e le banche

Mutui, tassi di interesse alle stelle e rischio aste giudiziarie. La proposta per salvare risparmiatori e far contente le banche

L’aumento indiscriminato dei tassi d’interesse da parte della BCE sta generando grossi guai per tutto il mercato immobiliare europeo. Ora, tutti siete a conoscenza delle difficoltà finanziarie di importanti società immobiliari che sono veramente in debito di ossigeno “finanziario”. In questo breve articolo però desidero parlare delle tante famiglie (circa due milioni) che potrebbero perdere la casa a causa delle rate aumentate dall’impennata dei tassi d’interesse. Piangere sul latte versato non serve a niente, ma quello che mi rincresce è che nessuna banca, istituzione finanziaria né tantomeno la BCE propongano qualcosa (anche in via transitoria) per alleviare le sofferenze finanziarie delle famiglie italiane ed europee. La mia domanda è sempre la stessa: ci sono alternative? Direi di sì.

Fare delle proposte a volte comporta esporsi in prima persona, di conseguenza lo faccio più che volentieri. Ecco la mia proposta. Supponiamo che una rata di un mutuo, che prima consideravamo “pagabile”, oggi abbia avuto un aumento importante. Esempio: passo da un importo di 950 euro mensili ad una rata di 1.350 euro mensili (l’aumento dei tassi ha subito un incremento sino al 119%, vale a dire che il 2,5% è diventato il 5,475% e qualche volta di più). Ora quale potrebbe essere una ricetta che salvi capra e cavoli? Sapendo che se un immobile (il quale non ha la scadenza di uno yogurt) va all’asta occorrono generalmente da 1 a 2 anni per metterlo sul mercato e poi se tutto va bene il prezzo di vendita sarà del 30/40% inferiore a quello standard. Domanda la banca o l’istituzione finanziaria ha convenienza se poi rimane anche un residuo da incassare? A queste domande non voglio rispondere, ma desidero fare una proposta. E se dessimo tempo ai mutuatari di pagare solo gli interessi per i prossimi due anni posticipando il pagamento della normale rata al terzo anno? E’ possibile allungare la rata del mutuo per soli due anni? Con questa alternativa sarebbe possibile salvare la capra delle banche e delle istituzioni finanziarie ed i cavoli dei mutuatari? Nel mondo della finanza si è sempre “obbligati” a fare delle scelte, ma queste scelte favoriranno mai i “risparmiatori”? Termino con una riflessione: “Bernanke: Non possono essere le banche nazionali a risolvere i problemi economici”.

Fonte. – affaritaliani

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